Cassazione Penale, Sez. 4, 26 giugno 2024, n. 25078 – Lavoratore somministrato investito dal carrello elevatore in retromarcia nel suo primo giorno di lavoro
Fatto
- La Corte di appello di Bari il 13 luglio 2022, in parziale riforma della sentenza con la quale il Tribunale di Foggia il 29 gennaio 2021, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto A.A. e B.B. responsabili, in cooperazione colposa tra loro, del delitto di lesioni colpose (capo n. 1) e di più contravvenzioni per violazioni della disciplina antinfortunistica (A.A.: capi sub lett. A e B e nn. 2 e 3; B.B.: capi sub lett. C e n. 4), in conseguenza condannando ciascuno alle pene di giustizia, invece ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati in relazione alle contravvenzioni di cui alle lett. A), B), C) ed ai nn. 2), 3) e 4) dell’editto, per essere gli illeciti estinti per prescrizione, con conferma nel resto.
- I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dai Giudici di merito.
A.A., in qualità di amministratore unico della società a responsabilità limitata “A.A.”, e B.B., lavoratore dipendente di tale società, che il 4 gennaio 2016 guidava un carrello elevatore, sono stati entrambi ritenuti responsabili, in cooperazione colposa tra di loro, delle lesioni gravi (trauma da schiacciamento della gamba sinistra con frattura scomposta della tibia e frattura del malleolo) riportate dall’operaio C.C., che è stato schiacciato dalla ruota del carrello elevatore condotto dal collega in retromarcia mentre lavorava nei locali dell’azienda.
E’ emerso dall’istruttoria che l’infortunato (non costituito parte civile), dipendente di altra società (“D.D. Spa”) ma inviato per la somministrazione di lavoro a tempo determinato alla “A.A.”, era al suo primo giorno di lavoro, lavoro che sarebbe consistito nell’imballare broccoletti e nel riporli all’interno di cassette, che non aveva ricevuto istruzioni, che non aveva frequentato alcun corso e che non conosceva i luoghi.
Ed è risultato anche che B.B. non fosse mai stato inviato dal datore di lavoro a frequentare un corso per la corretta conduzione dei carrelli elevatori, mezzi la cui guida richiede competenze tecniche, e che mancavano nei locali dell’azienda cartelli o indicazioni circa il divieto di circolazione pedonale nei tratti percorsi da pericolosi macchinari in movimento, dato che i cartelli presenti riportavano altre indicazioni: si è ritenuto che tali condotte omissive siano state concausa dell’evento, insieme all’imprudenza di B.B. nel condurre il mezzo in retromarcia senza avere prima verificato con cura l’assenza di pedoni.
- Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza, tramite Difensore di fiducia, A.A., che si affida ad un unico, complessivo, motivo con il quale lamenta grave mancanza, contraddittorietà e-o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata con cui è stato rigettato l’appello in punto di penale responsabilità.
La Corte territoriale si sarebbe limitata a recepire la sentenza di primo grado e non avrebbe attentamente valutato il complessivo compendio istruttorio emerso, in particolare essendosi accertato, tramite fotografie e testi, che la zona interdetta al transito pedonale era segnata da una linea tracciate sul pavimento.
Rammenta la Difesa che alcuni dipendenti hanno confermato la presenza ed il funzionamento nell’occasione del segnalatore acustico (“cicalino”) di retromarcia dell’elevatore, anche se, probabilmente, coperto dal rumore del motore acceso di un camion.
La causa esclusiva dell’infortunio consisterebbe, a ben vedere, solo nella distrazione dell’infortunato, che, “intento a fumare a chiacchierare col suo amico, non si è avveduto delle strisce, così finendo in una zona allo stesso interdetta” (così alla p. 3 del ricorso), dunque in un comportamento di C.C. da valutarsi, ad avviso del ricorrente, come abnorme, esorbitante ed imprevedibile per il datore di lavoro; non senza trascurare che la vittima non era nemmeno dipendente della A.A. ma di altra azienda che lo aveva inviato presso la società dell’imputato.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
- Il Difensore ha chiesto tempestivamente la trattazione orale del processo.
Diritto
- Premesso che il reato non è prescritto (infatti: infortunio del 4 gennaio 2016 + sette anni e sei mesi = 4 luglio 2023 + sospensioni indicate alla p. 13 della sentenza di appello = prescrizione il 9 ottobre 2024), il ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
- L’impugnazione in questione è costruita in fatto, su proposizioni meramente avversative rispetto alla ricostruzione svolta ed alle valutazioni effettuate dai giudici di merito. In particolare, alla motivata affermazione dei giudici di merito circa la radicale mancanza nell’azienda di qualsiasi presidio atto a segnalare e a delimitare la zona pericolosa, in ragione del transito di veicoli pesanti (cfr. p. 8 della sentenza impugnata e p. 12 di quella del Tribunale), la Difesa contrappone l’apodittica affermazione circa la sussistenza di alcune strisce a terra, senza confrontarsi con il concreto contenuto delle sentenze; ed alla concorde valutazione dei giudici di merito circa la non abnormità e la non esuberanza dell’agire del lavoratore, che peraltro non era stato informato e che era al primo giorno di lavoro (pp. 9-12 della decisione impugnata e pp. 5 e 12 di quella di primo grado), il ricorrente contrappone l’asserzione, ulteriormente apodittica, circa una pretesa distrazione del lavoratore nel transitare nella zona pericolosa, circostanza che, quand’anche ipoteticamente rispondente al vero, non avrebbe tuttavia alcun rilievo, come puntualmente affermato dalla Corte territoriale (alla p. 11 della sentenza, con richiamo di pertinente giurisprudenza di legittimità) quanto all’affermazione di responsabilità del datore di lavoro nel caso concreto. Va rammentata, infatti, la costante affermazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di infortuni sul lavoro il nesso causale tra la condotta colposa del datore di lavoro per la omessa predisposizione o vigilanza sull’osservanza delle prescrizioni antinfortunistiche e l’evento non è interrotto dal comportamento imprudente del lavoratore, atteso che le norme antinfortunistiche sono dettate al fine di ottenere la sicurezza delle condizioni di lavoro e di evitare incidenti ai lavoratori in ogni caso e cioè anche quando essi stessi, per imprudenza o per disattenzione, possono provocare l’evento (v., tra le numerose, Sez. 4, n. 7364 del 14-01-2014, Scarselli, Rv. 259321; Sez. 4, n. 18998 del 27-03-2009, Trussi e altro, Rv. 244005; Sez. 4, n. 36339 del 07-06-2005, Pistolesi, Rv. 232227; Sez. 4, n. 3445 del 03-11-2004, dep. 2005, Volpi, Rv. 230770; Sez. 4, n. 12115 del 03-06-1999, Grande, Rv. 214998; Sez, 4, n. 1352 del 09-10-1992, dep. 1993, G~sess ed altro, Rv. 193038; Sez. 3, n. 5919 del 18-03-1983, Rosina, Rv. 159609).
Inoltre, come puntualmente osservato dal P.G. nella requisitoria scritta (alla p. 2), è incontroverso nel processo il mancato adempimento da parte del datore di lavorio dell’obbligo di formazione di B.B., il lavoratore che alla guida del carrello ha investito la persona offesa: ebbene, tale inosservanza dell’obbligo, non surrogabile mediante eventuali conoscenze personali dell’operaio, integra colpa specifica da parte di A.A., in quanto l’infortunio a C.C., causato dalla negligenza di B.B. che nell’espletamento delle mansioni affidategli dall’imprenditore, ha posto in essere una condotta imprudente, conducendo un mezzo pesante per il quale non era correttamente formato, per di più in retromarcia, non accorgendosi del collega e quindi investendolo, costituisce certamente condotta diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi gravanti sul datore di lavoro (cfr. Sez. 4, n. 8163 del 13-02-2020, Lena, Rv. 278603: “Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore che, nell’espletamento delle proprie mansioni, ponga in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi, né l’adempimento di tali obblighi è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore. (Nella specie, la Corte ha ritenuto immune da censure il riconoscimento della responsabilità del datore di lavoro per la morte di un lavoratore, ascrivibile al non corretto uso di un macchinario dovuto all’omessa adeguata formazione sui rischi del suo funzionamento)”).
Peraltro, la struttura del ricorso è estremamente generica, costituendo la mera reiterazione dell’atto di appello, cui ha offerto idonea, congrua e non illogica risposta la sentenza impugnata.
Il ricorso, in definitiva, si limita a prospettare deduzioni aspecifiche, che non assolvono alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17-07-2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 2, n. 11951 del 29-01-2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 5, n. 28011 del 15-02-2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. Sez. 6, n. 20377 del 11-03-2009, Arnone a altri, Rv. 243838; Sez. 1, n. 39598 del 30-09-2004, Burzotta, Rv. 230634).
- Essendo quindi il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si ritiene congrua e conforme a diritto, che è indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2024
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